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Il sound grezzo di “Bleach” dei Nirvana

Il sound grezzo di “Bleach” dei Nirvana

Wet your bed, wouldn’t it be fun?

 

di Karol Lapadula

15 giugno 1989: esce Bleach, disco d’esordio dei Nirvana.

Bleach fu pubblicato per la label indipendente Sub Pop Records (per la quale poco prima i Nirvana avevano dato alle stampe il 45 giri Love Buzz/Big Cheese) e venne registrato per la maggior parte presso i Reciprocal Recording Studios di Seattle, sotto la supervisione del produttore Jack Endino.

In realtà, tre dei brani dell’album (Floyd the BarberPaper Cuts e Downer) erano già stati registrati nel 1988, ma col batterista Dale Crover.

Relegato in secondo piano rispetto ai successivi Nevermind e In Utero, Bleach è a mio parere il lavoro migliore dei Nirvana, forse perchè più affine a quelli che sono i miei gusti musicali, visti i suoi suoni sporchi, duri, ruvidi ed istintivi.

  • (In Bleach) i riff di chitarra, cupi e pesanti, strizzano l’occhio al thrash dei Venom prima di sfociare lentamente in richiami ai Led Zeppelin e ai Black Sabbath, cedono il passo a melodie che ricordano il punk degli anni ’80 per finire in passaggi dal sapore più pop. È lì la particolarità di questo lavoro d’esordio: mentre altre band suonavano un genere strettamente grunge, composto da riff di chitarra distorti e ossessivi, ma che sembravano semplicemente attaccati l’uno all’altro senza continuità, i Nirvana avevano trovato nella melodia e nelle armonie pop il collante perfetto. Il risultato è qualcosa di difficilmente paragonabile ad altro di già sentito, composizioni semplici eppure brillanti. Seppure un po’ grezzo, il sound caratteristico dei Nirvana è già tutto qui, in questi 42 minuti. E ci vuole solo un tour promozionale per gli Stati Uniti e successivamente in Europa perché esploda con tutta la sua forza. (Spazio Rock)

Se si vuole comprendere quella che è stata la filosofia dell’intero movimento grunge, è proprio dall’ascolto e dall’analisi di quest’album che si deve partire.

La copertina dell’album è una foto fatta da Tracy Marander, fidanzata dell’epoca di Cobain, durante un concerto tenuto dai Nirvana al Reko Muse Art Gallery di Olympia, Washington: anch’essa è essenziale e grezza come il sound che racchiude.

Inizialmente, l’album doveva intitolarsi Too Many Humans, ma venne rinominato Bleach dopo che Cobain vide a San Francisco un manifesto che invitava alla prevenzione dell’AIDS. Il manifesto consigliava a chi faceva uso di eroina di passare della candeggina (bleach in inglese) sugli aghi delle siringhe prima di utilizzarle, ed era accompagnato dallo slogan Bleach Your Works.

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Il manga giapponese Bleach ha preso il titolo proprio dall’album dei Nirvana, essendo il suo autore, Tite Kubo, un loro fan.

Ottima la recensione di Bleach da parte di Junio C. Murgia

  • La più retriva e sperduta provincia della sterminata superpotenza. La magnificenza di “ Bleach” è da ascrivere al contesto in cui il suo autore lo concepì, e nel modo in cui egli interpretò la sua alienazione e le sue angosce. Kurt Cobain nacque ad Aberdeen, stato di Washington. A cento chilometri da Seattle, in una patria di boscaioli e camionisti col culto delle armi: ambiente redneck per antonomasia. Titoli come “Floyd the Barber” o “Mr. Moustache”, o l’opprimente contesto educativo di “School” dicono tutto del resto: uno strepitoso campionario di immagini rubate al sottobosco americano più inquietante. Un posto alla Twin Peaks: telefilm che, proprio agli albori del grunge, mostrava al mondo torbidi squarci del North West. L’onda lunga del punk arrivò tardi in quelle lande desolate, in cui una città, Spokane, fu scelta dai sociologi a stelle strisce per studiare una popolazione completamente schiava della pubblicità televisiva. Un deserto culturale in cui la spinta sotterranea del punk fu il magnifico veicolo per far emergere le migliori istanze di una generazione disperata, persa tra l’egoismo dei baby boomers e il vuoto sociale reaganiano. Se stilisticamente il grunge fu un amalgama tra punkpsichedelia e metal, il quid che gli avrebbe presto permesso di scardinare gerarchie del rock statunitense e imporsi come ultimo fenomeno in grado di rappresentare un comune denominatore giovanile fu l’espressività punk, grazie a una esplosiva carica comunicativa. (Storia della Musica)

Ora proverò a scrivere per ogni traccia di Bleach un brevissimo commento, tenendo presente che spesso i testi di Kurt, com’è tipico del suo stile, sono criptici e si prestano a svariate interpretazioni. 

Blew

Canzone oscura e distorta, ma dall’affascinante refrain, parla del senso di claustrofobia che provava Kurt nel vivere in una città provinciale e dalla mentalità stretta come Aberdeen.

Is there another reason for your stain. Could you believe who we knew was stress or strain? Here is another word that rhymes with shame

Floyd the Barber

Kurt immagina di essere torturato e ucciso dal parrucchiere Floyd, personaggio della sitcom anni ’60 The Andy Griffith Show. Quando il corpo di Kurt fu ritrovato dopo il suicidio, la polizia disse di aver trovato la televisione accesa e impostata proprio sul canale della sitcom in un continuo replay.

About a Girl

Ballata triste e coinvolgente dalle sonorità pop che ricordano molto quelle dei R.E.M., come affermato dallo stesso Kurt, About a Girl parla della sua ragazza di allora, Tracy Marander (quella che ha scattato la foto della copertina dell’album) e venne registrata per Bleach nel 1988 da Endino a Seattle.

La versione acustica nell’MTV Unplugged, registrata nel 1993 e poi inclusa nell’album postumo MTV Unplugged in New York, è forse quella più conosciuta della canzone.

School

È la canzone più grunge di tutte, caratterizzata da un riff iniziale pungente: la rabbiosa prestazione vocale da parte di Cobain è da annoverare tra gli apici dell’album.

Love Buzz 

È una cover del brano omonimo del 1969 degli Shocking Blue (gruppo psichedelico olandese molto amato da Novoselic), presente all’interno dell’album At Home. Fu pubblicata dai Nirvana come singolo nel 1988.

Paper Cuts

È l’unica canzone dei Nirvana nella quale compare la parola «Nirvana». Sarebbe ispirata a una storia avvenuta ad Aberdeen, dove due genitori avevano chiuso i propri figli in soffitta. Kurt si cala nei panni dei bambini e canta dal loro punto di vista.

Negative Creep

La mia traccia preferita, quella più acida, rozza e punk di tutto l’album: venne scritta da Cobain parlando di sé in prima persona in tono autodenigratorio, definendosi un individuo “negativo e disgustoso” e un “drogato”.

Scoff

Qui protagonista indiscussa è la batteria pestata pesantemebte da Chad Channing. Si dice che questa canzone riguardi il rapporto di Kurt con i suoi genitori, che pensavano non si sarebbe dovuto dedicare alla musica (in your eyes, I’m not worth it), ma la realtà è che Cobain proveniva da una famiglia di musicisti: suo zio Chuck Fradenburg faceva parte dei Beachcombers), sua zia Mari Earle suonava la chitarra e il suo prozio Dlbert era un tenore.

Swap Meet

Ancora indovinati riff dominano Swap Meet, mentre Kurt sembra un invasato.

Mr. Moustache 

Ha una ritmica più sostenuta con il basso protagonista; le liriche sbeffeggiano il tipico uomo che incentra tutto sulla sua muscolarità e sulla distorta visione della donna intesa come oggetto sessuale e mera procreatrice di figli. Il riff principale trae spunto da Hallo I Love You dei Doors.

Sifting

Track dall’andamento cupo ed orientata al metal, riguarda il rifiuto di crescere, trovare un lavoro e adeguarsi alle regole sociali. Di fatto, un estremo atto di ribellione.

Big Cheese e Downer sono due bonus track incluse nella versione CD del 1992: la prima, B side di Love Buzz, è una presa in giro nei confronti di coloro che detengono il potere e ci presenta Kurt quasi ironico, mentre la conclusiva breve punkeggiante Downer, con ancora Dale Cover alla batteria, suggella la sua rabbia.


 

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Crediti immagine in evidenza: Guille.17

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Pubblicato il: 15/06/2021 da Skatèna