“Mamma America” risolve i conflitti con le bombe, così che lo possano fare tutti
Si è concluso con un cessate il fuoco la guerra tra Israele e Ira. Dopo 12 giorni di bombardamenti per un complessivo di oltre 400 morti e 3000 feriti, la parola fine l’ha di fatto messa il terzo in comodo, gli Stati Uniti, con un bombardamento sui tre siti nucleari iraniani. Prendendosi di fatto l’immagine di “Mamma America” che arriva e risolve la situazione, incoraggiata anche dalle parole dei capi di governo occidentali.
di Eugenio Fofi
Nella notte del 22 giugno 2025 gli USA mettono di fatto la parola fine al conflitto tra Israele e Iran. La guerra scoppiata il 13 giugno, che si è svolta con bombardamenti più o meno mirati da una parte e dall’altra, iniziata da parte di Israele per via della possibile futura costruzione di un’arma atomica a parte dell’Iran.
Argomentazione che si è rivelata fallace, dopo che sia Tulsi Gabbard, direttrice dell’intelligence americana nominata da Trump, e Rafael Grossi, direttore generale dell’Agenzia internazionale dell’energia atomica, hanno dichiarato che l’arricchimento dell’uranio, da parte dell’Iran non era per scopi militari e anche se l’Iran avesse voluto farlo ci sarebbero voluti anni per raggiungere l’obiettivo.
Nonostante questo, però qualcosa deve aver suscitato il terrore nelle menti delle dirigenze occidentali. Tutti, dai governi ai media, si sono schierati con Israele, che almeno dal 7 ottobre ha il diritto di difendersi, sia su azioni subite passate, che evidentemente da possibili azioni future. Per chiudere la pratica era però necessario l’intervento degli Stati Uniti, perché per colpire un sito nucleare iraniano Fordow, situato a circa 90-100 metri sotto terra, era necessario l’utilizzo di varie bombe abbatti bunker, come la BGU 57, soprannominata “bunker buster”. Bombe che Israele da molti anni chiede di poter comprare, ma che gli USA, che la producono, non hanno mai voluto fornire. Per l’America le scelte erano quindi due: o dare finalmente la bunker buster agli israeliani senza avere la possibilità di sapere su cosa l’avrebbero potuta sganciare (dopo Fordow, s’intende) oppure usarla direttamente loro. In realtà le scelte erano tre, ma quella di non aiutare i propri alleati era, e forse sarà sempre, fuori discussione.
La scelta è ricaduta sulla seconda. Interessante è il fatto che proprio l’intervento nel conflitto sia stato comunicato all’Iran stessa, attraverso una telefonata rimasta segreta fino a dopo il bombardamento di Fordow e degli altri due siti nucleari iraniani. L’uranio arricchito è stato così prontamente spostato e lo stesso attacco non sembra aver portato rilascio di radiazioni, ma solo danni alle strutture. Rallentando così il tempo per una possibile futura arma nucleare iraniana. L’Iran ha risposto colpendo le basi militari degli Stati Uniti in Qatar e ha minacciando ripercussioni, ma il 24 giugno sia l’Iran che Israele hanno raggiunto un
cessate il fuoco.
Ragionando su come sono andate le cose, potrebbe essere facile considerare come effettivamente solo l’intervento diretto degli USA sia da sempre stata l’unica opzione per gli Stati Uniti. Lasciare “troppa libertà di agire” a un alleato incontrollabile, non è la scelta migliore, soprattutto se ci si vede come gli ultimi pacificatori. O ancor meglio l’ultimo pacificatore. Trump, infatti, così si vede, così si è presentato all’elettorato e questa immagine vuole imporre a tutti. Anche con la forza se necessario. Proprio come è successo in Iran. “Mamma America” che riprende finalmente il suo ruolo internazionale nelle guerre, o quello che crede di aver sempre avuto: “arrivo quando voglio e la guerra finisce”. L’Ago della bilancia della Prima Guerra Mondiale e, secondo molti, anche della Seconda. Visione della geopolitica che viene alimentata dagli altri paesi occidentali, ritenendo legittimo l’attacco statunitense in Iran. Uno tra tutti la Germania che aveva già elogiato Netanyahu all’inizio della guerra: “Fa il lavoro sporco per noi”.
Con questo colpo di mano Trump è anche riuscito a fare leva sui governi dei paesi Nato, nel vertice all’Aja (Paesi Bassi) tra il 24 e il 25 giugno, a ridosso delle fine del conflitto. Dimostrando che con la forza si risolve tutto e che il dialogo e le trattative vengono dopo. Nell’incontro gli Stati hanno concordato il target del 5% di spesa militare, la Russia come principale minaccia e il fatto che la Nato non sia in guerra, ma nemmeno in pace.
Pubblicato il: 26/06/2025 da Alessio Ramaccioni