Ipotesi pace in Ucraina: cosa c’è sul piatto offerto da Trump a Mosca
Donald Trump ha delineato 28 punti per raggiungere la fine del conflitto in Ucraina. Zelensky ha indicato l’ultimatum USA come un bivio: perdere la dignità, o perdere un partner chiave. In tutto questo, la UE cerca di ottenere un post al tavolo della pace.
di Giacomo Simoncelli
Il piano c’è, è brutale nella sua concretezza ed è arrivato sui tavoli che contano con la forza di un ultimatum. La bozza in 28 punti elaborata dall’amministrazione Trump per il “tavolo di pace” tra Russia e Ucraina è stata offerte a tutti gli attori in campo, in particolare a Volodymyr Zelensky, con un messaggio che non ammette repliche: prendere o lasciare. E il tempo per decidere è scaduto quasi prima di iniziare, perché il 27 novembre Washington vuole una risposta. I tempi si possono allungare, se ci sono modifiche alle proposte abbastanza sensate da essere discusse, ha detto lo stesso Trump, ma la guerra deve finire.
Quello che emerge dalla lettura del documento di Trump è un cambio di paradigma totale rispetto all’era Biden. Non più “as long as it takes” (per tutto il tempo necessario), ma una chiusura rapida dei conti basata sulla Realpolitik e sul riconoscimento della situazione sul campo. Una doccia fredda per chi sperava nel crollo di Mosca, e una sentenza geopolitica che sposta il baricentro degli interessi americani verso il Pacifico, scaricando oneri e costi sul vecchio continente.
La fine delle illusioni: il congelamento del fronte
Il cuore politico-militare del piano parte da un assunto indigeribile per i sostenitori della linea dura: la guerra, per come era stata immaginata dall’Occidente, non può essere vinta. I territori perduti (Crimea, Lugansk, Donetsk) vengono riconosciuti ai russi; le linee di contatto a Kherson e Zaporijjia vengono congelate.
Nessuna riconquista, nessuna espulsione delle truppe di Mosca. Al contrario, l’Ucraina dovrà accettare la neutralità:
- Niente NATO: L’Alleanza Atlantica non si espanderà e non schiererà truppe in Ucraina.
- Smilitarizzazione: Le forze armate di Kiev saranno limitate a 600.000 unità (una riduzione drastica rispetto alla mobilitazione attuale, ma comunque tre volte superiore ai numeri delle forze armate pre-belliche).
- Zona cuscinetto: Ritiro ucraino da alcune aree del Donetsk per creare una fascia di sicurezza.
Per Zelensky, già indebolito da scandali di corruzione interni e dal crollo del morale al fronte, è una scelta tra “perdere la dignità o perdere il partner fondamentale”, come l’ha definita lui stesso in un video. Senza la copertura aerea e satellitare degli USA, continuare la guerra è impossibile. Il Presidente ucraino, pur tentando di negoziare margini di manovra, sembra aver capito che l’alternativa ai 28 punti è il baratro.
“Follow the money”: la spartizione economica
Se la parte militare sancisce uno stallo, è la parte economica del piano a rivelare la natura cinica e affaristica della proposta Trump. La ricostruzione dell’Ucraina viene immaginata come una gigantesca joint venture russo-americana, pagata però dall’Europa.
I punti chiave dell’accordo economico sono rivelatori:
- L’Europa paga: Bruxelles dovrà stanziare 100 miliardi di dollari per la ricostruzione.
- USA e Russia incassano: I 100 miliardi di asset russi congelati verranno investiti in progetti guidati dagli USA, che tratterranno il 50% dei profitti. Il resto andrà in un veicolo di investimento misto americano-russo.
- Reintegrazione di Mosca: La Russia verrà reintegrata nell’economia globale, e verrà discussa la revoca delle sanzioni e il ritorno nel G8. È prevista addirittura una cooperazione a lungo termine tra Washington e Mosca su energia, terre rare e infrastrutture.
L’Unione Europea si ritrova così ai margini: chiamata a pagare il conto della guerra e della ricostruzione, ma tagliata fuori dalla spartizione delle risorse e dei benefici della ricostruzione, su cui USA e Russia metteranno le mani. L’adesione dell’Ucraina all’UE, prevista dal piano, rischia di diventare un onere finanziario insostenibile per Bruxelles, con un paese devastato e un’economia controllata da capitali esteri. Per questo, nella proposta di Ginevra, gli europei hanno tirato in mezzo la Banca Mondiale e hanno deciso di battere ancora sul tema degli assets russi congelati in Europa.
Il panico delle cancellerie europee
La reazione del Vecchio Continente è stata di totale smarrimento. Tagliata fuori dalle trattative, l’Europa vede crollare la strategia degli ultimi quattro anni. I tentativi in extremis di Francia, Germania e Regno Unito (riuniti a Ginevra con gli inviati di Trump) hanno prodotto una contro-proposta che ora deve essere vagliata da Washington e Mosca. Meno fuori dalla realtà sul campo delle prime indiscrezioni, ma comunque con alcuni punti che difficilmente, in questa formulazione, possono andare bene alla Russia.
Ad ogni modo, i leader europei si trovano di fronte a un dilemma esistenziale: accettare la “resa” ucraina e pagare, oppure provare a sostenere Kiev da soli? La seconda ipotesi appare militarmente irrealistica senza l’appoggio USA e suicida economicamente. Le dichiarazioni bellicose di alcuni leader appaiono come minacce a salve.
Conclusioni: un nuovo ordine mondiale
Il piano Trump sancisce il fallimento del tentativo di isolare la Russia e segna il disimpegno americano dal teatro europeo. Washington ha fretta: deve chiudere il dossier ucraino per concentrarsi sulla Cina e sull’America Latina. Anzi, legare così strettamente Mosca a sé significa anche allontanarla da Pechino, come Trump ha sempre voluto.
Le ambiguità del testo rimangono enormi, ma la direzione è tracciata. Che la guerra sia in procinto di finire non è dato saperlo, ma sta comunque finendo non con la vittoria del “bene” contro il “male”, bensì con un accordo tra potenze che ridisegna le sfere di influenza e i flussi di denaro, lasciando all’Ucraina la pace mutilata e all’Europa le macerie da gestire.
Pubblicato il: 24/11/2025 da Giacomo Simoncelli