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“Southern Spear”: la nuova operazione USA diretta alle Americhe. Contesto e reazioni

“Southern Spear”: la nuova operazione USA diretta alle Americhe. Contesto e reazioni

Il 13 novembre il Segretario alla Guerra statunitense, Pete Hegseth, ha annunciato tramite X che il Dipartimento che guida ha deciso di lanciare l’ “Operation Southern Spear”, una nuova operazione militare diretta a contrastare il narcotraffico: almeno nelle dichiarazioni ufficiali.

di Giacomo Simoncelli

Il quasi premio nobel per la pace Donald Trump sta per aprire un nuovo fronte di guerra? L’annuncio che il Segretario alla Guerra ( appunto) statunitense Pete Heghseth ha lanciato il 13 novembre parrebbe proprio confermare questa impressione: parliamo dell'”Operation Southern Spear”, la nuova operazione militare che proprio Hegseth ha rivelato su ‘X’.  L’iniziativa prende le mosse dalla rinnovata ‘guerra alla droga’ lanciata dal presidente USA Donald Trump, che ha portato a vari attacchi a imbarcazioni nei Caraibi e nel Pacifico. Il risultato è stato quello di decine di morti, con annessa condanna di Volker Turk, Alto commissario delle
Nazioni Unite per i diritti umani, perché si configurano come vere e proprie esecuzioni extragiudiziali.

Hegseth ha scritto che l’operazione sarà guidata dalla Joint Task Force Southern Spear e dallo United States Southern Command (SOUTHCOM), ovvero il comando delle forze armate statunitensi con responsabilità su tutta l’America Latina – escluso il Messico. L’obiettivo dell’operazione, nello specifico, è quello di difendere dai narcotrafficanti l’Emisfero Occidentale che, dice Hegseth, “è il vicinato dell’America” che Washington si candida a proteggere. Una retorica che rimanda direttamente alle dottrine isolazioniste e all’idea che le Americhe sono il ‘cortile di casa’ dell’imperialismo statunitense. Ma questo tipo di concezioni rispondono anche a obiettivi strategici chiaramente delineati negli scorsi mesi. A partire dal National Defense Strategy (NDS) del 2025. Si tratta di una roadmap strategica del Dipartimento alla Guerra che, quest’anno, ha lo scopo di dare le linee guida fondamentali per attuare l’agenda ‘America First’ e ‘Peace Through Strength’ indicata dalla Casa Bianca. Già in esso è indicata la maggiore attenzione che si vuole rivolgere alle Americhe e all’Indo-Pacifico, imponendo parallelamente una “crescente condivisione degli oneri [della difesa, ndr] con alleati e partner in tutto il mondo”.

Il SOUTHCOM aveva già annunciato un’operazione chiamata Southern Spear lo scorso gennaio, riporta la CNN. All’epoca, veniva sottolineato l’impiego di “navi di superficie robotizzate a lunga permanenza, piccole imbarcazioni intercettrici robotizzate e velivoli robotizzati a decollo e atterraggio verticale”, a supporto delle operazioni antidroga. Negli ultimi mesi, la presenza militare nella zona dei Caraibi è largamente aumentata. Questo ha chiaramente alzato nettamente la tensione. Perché è evidente
che l’obiettivo di Washington è quello di esercitare una dura pressione su due governi in particolare, quello di Gustavo Petro in Colombia e quello di Nicolas Maduro in Venezuela. Del resto, lo slogan della ‘guerra alla droga’ è già stato usato in un passato nemmeno troppo remoto per interventi militari diretti.

È il caso dell’operazione Just Cause, con la quale gli Stati Uniti invasero Panama nel 1989 per rovesciare il potere del generale Manuel Noriega. Noriega aveva prima dato assistenza ai Contras in Nicaragua, su richiesta di Washington. Quando le responsabilità politiche degli USA sono diventate troppo palesi, Washington è intervenuta con la scusa del narcotraffico in cui Noriega era implicato, e su cui fino ad allora aveva chiuso più di un occhio. È di certo interessante notare, tramite un video ripubblicato di recente dalla Fundacion Hugo Chavez, che già proprio l’ex presidente venezuelano aveva denunciato che il Pentagono avrebbe messo in campo una campagna finalizzata ad accusare la dirigenza bolivariana di essere direttamente
coinvolta nel narcotraffico, e legittimare così un intervento militare sullo stile di quello effettuato contro Panama.

Come è ovvio, sia Caracas sia Bogotà hanno denunciato la destabilizzazione promossa dagli Stati Uniti, così come la militarizzazione dell’area caraibica. Nella settimana appena passata, Petro ha ordinato di tagliare ogni condivisione di dati di intelligence con gli States, ma il ministro della Difesa Pedro Arnulfo Sanchez ha assicurato che la collaborazione continuerà indisturbata con le agenzie internazionali che combattono il traffico di droga. In una lettera inviata ai capi di Stato e di governo della Comunità degli Stati Latinoamericani e Caraibici (CELAC) a ridosso del recente summit svoltosi con i vertici UE a Santa Marta, in Colombia, Maduro ha affermato: “proclamiamo la difesa incondizionata della nostra America come Zona di Pace, rifiutiamo categoricamente qualsiasi militarizzazione dei Caraibi, esigiamo un’indagine indipendente sulle esecuzioni
denunciate dagli organismi per i diritti umani delle Nazioni Unite e stabiliamo meccanismi regionali di cooperazione umanitaria e difesa collettiva che garantiscano la protezione delle nostre acque, delle nostre coste e delle nostre comunità”.

Caracas ha deciso martedì di ordinare alle proprie forze armate di prepararsi alla piena operatività, ponendo in stato di massima allerta tutti i reparti dei servizi di sicurezza, dall’esercito alla Milicia Nacional Bolivariana. Stando a quel che riporta l’emittente statunitense CBS, alla Casa Bianca si sono già svolte riunioni, con la presenza di Hegseth e del capo di Stato Maggiore Dan Caine, riguardo alle opzioni da perseguire nei confronti del Venezuela, tra cui non sarebbe stata esclusa quella
dell’invasione terrestre. Tra il palazzo presidenziale di Miraflores e il Cremlino è stato da poco definito e poi ratificato un accordo di partenariato strategico che riguarda anche il settore militare. Per questo, sul tema, è intervenuta pure la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova: “la Russia ha dimostrato una solidarietà incrollabile nei confronti del Venezuela e siamo pronti a rispondere in modo appropriato alle richieste di Caracas”.

Nel resto dell’America Latina, la presidente messicana Claudia Sheinbaum si è opposta alle ingerenze statunitensi nei Caraibi, ricordando che la Costituzione del suo paese prescrive nero su bianco “il rispetto per l’autodeterminazione dei popoli e proibisce interferenze e invasioni”. Il presidente panamense José Raúl Mulino ha negato, giovedì scorso, che il suo paese sia usato come piattaforma per operazioni militari stelle-e- strisce. Ricordiamo che Panama ha accettato di garantire una maggiore presenza
militare USA intorno al Canale dopo pesanti pressioni dell’amministrazione Trump, giustificate con la presunta influenza cinese
sulle attività del corridoio commerciale. La vicenda della Southern Spear si inserisce dunque in uno scenario di già crescente militarizzazione della regione.

L’attenzione rimane alta per qualsiasi precipitazione bellica possa avvenire, ora che con la nuova operazione annunciata da Hegseth sembra sempre meno improbabile.

Pubblicato il: 17/11/2025 da Alessio Ramaccioni