Salò o le 120 giornate di Sodoma
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Durante la Repubblica di Salò 4 potenti, il Duca (Paolo Bonacelli), il Monsignore (Giorgio Cataldi), il presidente della Corte d’Appello (Uberto Paolo Quintavalle) il banchiere (Aldo Valletti, doppiato da Marco Bellocchio), si riuniscono insieme a 4 ex prostitute, catturano con l’aiuto delle milizie nazifasciste una schiera di ragazze e ragazzi, partigiani o figli di partigiani e li rinchiudono in una grande villa. Per 120 giorni potranno disporre pienamente dei loro corpi e delle loro vite.
Lo schema temporale del film è ripreso dall’omonimo libro del Marchese De Sade, secondo 4 gironi danteschi: Antinferno, Girone delle Manie, Girone della Merda, Girone del Sangue. Pasolini ci trascina nella livida palude dell’umana abiezione, creando un’opera totalmente pessimistica, dove la crudeltà insostenibile del fascismo di Salò rappresenta la perfetta rappresentazione dell’anarchia del potere, che si appropria interamente delle menti e dei corpi. È in realtà un profondo grido contro la società dei consumi, che reifica le persone, quindi l’opera si rivolge filosoficamente ad ogni tempo. Film estremo e disturbante, che il grande poeta volle descrivere come culturalmente estraneo al razionalismo illuminista, ma anche al pensiero critico marxista, delineando la categoria del caos e del nichilismo assoluto. Ma mentre in De Sade la categoria della crudeltà era vista come ribellione contro Dio e la religione, in Pasolini, forse presago della sua imminente tragica fine, c’è soltanto la descrizione della bruttezza e la depravazione cui l’animo umano è pervenuto, senza speranza alcuna di redenzione.
Visti in prima visione, la rubrica curata dal nostro esperto cinefilo Marcello Gerardi, si occupa di Salò o Le 120 Giornate di Sodoma di Pier Paolo Pasolini





Durante la Repubblica di Salò 4 potenti, il Duca (Paolo Bonacelli), il Monsignore (Giorgio Cataldi), il presidente della Corte d’Appello (Uberto Paolo Quintavalle) il banchiere (Aldo Valletti, doppiato da Marco Bellocchio), si riuniscono insieme a 4 ex prostitute, catturano con l’aiuto delle milizie nazifasciste una schiera di ragazze e ragazzi, partigiani o figli di partigiani e li rinchiudono in una grande villa. Per 120 giorni potranno disporre pienamente dei loro corpi e delle loro vite.
Lo schema temporale del film è ripreso dall’omonimo libro del Marchese De Sade, secondo 4 gironi danteschi: Antinferno, Girone delle Manie, Girone della Merda, Girone del Sangue. Pasolini ci trascina nella livida palude dell’umana abiezione, creando un’opera totalmente pessimistica, dove la crudeltà insostenibile del fascismo di Salò rappresenta la perfetta rappresentazione dell’anarchia del potere, che si appropria interamente delle menti e dei corpi. È in realtà un profondo grido contro la società dei consumi, che reifica le persone, quindi l’opera si rivolge filosoficamente ad ogni tempo. Film estremo e disturbante, che il grande poeta volle descrivere come culturalmente estraneo al razionalismo illuminista, ma anche al pensiero critico marxista, delineando la categoria del caos e del nichilismo assoluto. Ma mentre in De Sade la categoria della crudeltà era vista come ribellione contro Dio e la religione, in Pasolini, forse presago della sua imminente tragica fine, c’è soltanto la descrizione della bruttezza e la depravazione cui l’animo umano è pervenuto, senza speranza alcuna di redenzione.

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