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La politica sotto scacco dell’imprenditoria

La politica sotto scacco dell’imprenditoria

Le inchieste sul porto di Genova e sui grattacieli milanesi ci mostrano un sistema partitico, e di rimbalzo politico, sotto il giogo dell’imprenditoria. Da un lato ci sono “necessità” imprenditoriali, come quella di vincere una gara d’appalto o di avere l’autorizzazione a costruire, dall’altro una politica che troppo facilmente si presta al gioco di concedere favori, quando con il cappello in mano, quando direttamente inerme, accondiscendente o connivente.

di Eugenio Fofi

Il caso Toti – Porto di Genova

A Genova è stato scoperto un voto di scambio tra Giovanni Toti, Presidente della regione Liguria (Noi Moderati – CDX), Aldo Spinelli, imprenditore portuale, e Paolo Emilio Signorini, allora Presidente dell’Attività Portuale di Genova. Nello specifico Spinelli era interessato nel rinnovare la propria concessione portuale, attraverso un bando pubblico. Il bando per la concessione trentennale vinto dall’imprenditore, che però contestualmente concordava finanziamenti elettorali al partito del Presidente della Regione (Toti) e regali di vario genere al Presidente dell’Attività Portuale (Signorini).

Le difese portate dai due principali esponenti del caso sono emblematiche del problema. Toti ha sostenuto che i finanziamenti erano regolarmente registrati, mentre Spinelli si era difeso dicendo che non si trattava di una “mazzetta”, ma di sostegno per chi stava lavorando bene e che aveva finanziato anche altri partiti politici. Cercando di giustificare almeno a loro stessi la normalizzazione della corruzione. Toti, così come gli altri due, ha patteggiato, ammettendo implicitamente la propria colpevolezza.

Nonostante questo però, l’ex Presidente ha continuato ha sostenere che il patteggiamento non è un’ammissione. Ancora una volta, cercando di normalizzare la corruzione.

Il caso Sala – grattacieli milanesi

A Milano, invece, siamo su tutt’altro ordine di commistione tra politica e imprenditoria. Il sistema immobiliare di Milano eludeva il sistema nazionale, attraverso autocertificazioni dette SCIA (segnalazione certificata di inizio attività). Queste permettevano di far passare per ristrutturazioni l’abbattimento di ruderi e la successiva costruzione di grattacieli. Che si traduce in un minore gettito degli oneri di costruzione e minore numero di servizi ai cittadini.

L’obiettivo, politico, dietro l’ideazione di queste SCIA era quello di iniziare nuove costruzioni consumando meno suolo, come dichiarato dallo stesso Sindaco di Milano, Giuseppe Sala (CSX), in audizione al Senato. Il metodo utilizzato e il Sindaco sono attualmente difesi dalla maggior parte dell’arco parlamentare (CDX + PD) che, con il decreto soprannominato Salva Milano, vorrebbero esportare questa nuova idea in tutta Italia.

Con le intercettazioni si scopre che funzionari e progettisti comunali stavano scrivendo una prima bozza della legge. Parallelamente stavano anche trovando un modo per presentarla formalmente in aula con i parlamentari del centro destra. Il tutto prima dell’uscita dell’inchiesta. Di fatto, un atto preventivo. Con le indagini si scopre anche una vera e propria sotto-struttura comunale, che permette ai costruttori di dichiarare autonomamente ristrutturazione ciò che invece sarebbe una nuova costruzione e di iniziare i lavori in maniera agevolata. Al vertice di questo sistema ci sarebbe secondo la magistratura, Giovanni

Oggioni, ex direttore dello sportello unico dell’edilizia di Milano, che attraverso una rete di attori pubblici e privati avrebbe facilitato le costruzioni. Attualmente Oggioni è agli arresti domiciliari con l’accusa di corruzione, frode, depistaggio e falso.
Con una politica così sottomessa alle logiche imprenditoriali, sempre pronta a difenderla e a difendersi, ci si chiede chi stia realmente governando il paese. Se i politici eletti o quelli che assomigliano sempre più ai marionettisti sopra di loro.

Pubblicato il: 28/07/2025 da Alessio Ramaccioni