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L’uomo che elettrificò il blues: Muddy Waters

L’uomo che elettrificò il blues: Muddy Waters

Got my mojo working, but it just won’t work on you 
I want to love you so bad, I don’t know what to do

 

di Skatèna

Il 30 aprile 1983 moriva a Westmond uno degli artisti più influenti del XX secolo, “il padre del blues di Chicago” Muddy Waters (nato McKinley Morganfield), colui che più di ogni altro ispirò la musica beat britannica degli anni Sessanta essendo punto di riferimento per gruppi come Yardbirds e Rolling Stones. Al suo singolo Rollin’ Stone, pubblicato nel 1950 con la Chess Records, si ispiró infatti Brian Jones quando propose ai suoi compagni quello che sarebbe stato il nome della loro inossidabile band. Bob Dylan arrivò solo in un secondo momento con la sua Like a Rolling Stone. 

Nato il 4 aprile 1913 a Rolling Fork, il suo nome d’arte gli venne affibbiato come soprannome quando era bambino da sua nonna, visto che aveva l’abitudine di sguazzare nel fango del Mississippi.

Con la sua voce aspra e la sua chitarra slide, Muddy riuscì a traghettare il blues dalle piantagioni del Delta alle strade di Chicago, elettrificandolo e gettando così le basi del rock’n’roll.

Nella band di Muddy passarono alcuni tra i più grandi talenti blues e grazie alle sue canzoni si formarono generazioni di artisti, in primis i sopracitati Rolling Stones, seguiti da Led Zeppelin ed Eric Clapton. Quest’ultimo considerava Muddy un padre e se lo portò dietro come guest star durante il suo tour del 1979; l’ultima apparizione pubblica di Waters è stata proprio ad un concerto di Clapton, a Miami, in cui suonò Blow Wind Blow.

Gli ho voluto davvero bene. Per me era come un padre, e io per lui ero come un figlio. Un legame che mi onora molto. (Eric Clapton)

Il primo strumento che Muddy imparò a suonare fu l’armonica, ma ben presto cambiò l’oggetto dei suoi desideri (per dirla alla Battiato) e si innamorò perdutamente della chitarra.
Allievo di Son House, dal quale apprese la tecnica del bottleneck, nel 1944 acquistò dunque la sua prima chitarra – una Stella – da Sears e Roebuck, a Chicago. Ed è sempre a Chicago che nel 1947, con l’aiuto di Leonard Chess, incise il suo primo 78 giri, ottenendo l’anno successivo un successo strepitoso con I Can’t Be Satisfied.

La sua etichetta era la Aristocrats Records, che diventò presto Chess Records dopo esser stata rilevata da due dei soci, Leonard e Phil Chess: il primo brano ad esser pubblicato fu proprio Rollin’ Stone. 

Dal 1953 registrò quindi una serie di lavori fondamentali con la band dell’etichetta. Canzoni divenute con gli anni dei veri classici della musica americana, come Hoochie Coochie Man (scritta da Willie Dixon).

Per tutti gli anni Cinquanta Waters fu idolatrato dai neri del Sud e divenne il re incontrastato della scena blues di Chicago insieme a Howlin’ Wolf, grazie anche a brani leggendari come Mannish Boy, Trouble No More e Don’t Go No Further.

Con una sua esibizione in Inghilterra nel 1958 fece scalpore: fu il primo a portare le sonorità elettriche nella scena folk/blues cui era stata abituata fino ad allora la popolazione britannica. Fu per questo che divenne un’icona e fonte d’ispirazione per alcuni dei più grandi bluesman e rocker della storia inglese degli anni successivi,  dando vita al movimento che avrebbe sfornato i Rolling Stones e gli Yardbirds.

Al Newport Jazz Festival del 1960 ottenne per la prima volta il consenso del pubblico bianco.

Nel 1981 usci King Bee, il suo ultimo LP ufficiale, partecipò al Festival Jazz di Victoria in Spagna, e l’anno successivo incise session con Rolling Stones, Buddy Guy ed Eric Clapton.

Morì a Chicago per infarto il 30 Aprile 1983. Sulla sua lapide, nel cimitero di Restrale, si legge: “The mojo is gone, the master has won” (il “mojo se n’è andato, il maestro ha vinto).

Poco dopo il suo funerale, B.B. King dichiarò: “Dovranno passare anni e anni prima che la maggior parte della gente comprenda quanto è stato grandioso per la storia della musica americana”.

Se ancora non lo avete fatto, vi consiglio di vedere il film del 2008 ‘Cadillac Records’, scritto e diretto da Darnell Martin, che ripercorre l’ascesa e il declino della label Chess Records e racconta la storia del blues, focalizzandosi proprio su Muddy Waters. Il cast è mozzafiato: Adrien Brody (Leonard Chess), Cedric the Entertainer (Willie Dixon), Mos Def (Chuck Berry), Columbus Short (Little Walter), Jeffrey Wright (Muddy Waters) e Beyoncé (Etta James).

Vi lascio con una splendida “videochicca” (ci sono accoppiate che sembrano fatte apposta per far emozionare ed accapponare la pelle):

 

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Pubblicato il: 30/04/2020 da Skatèna