Storie di vita e malavita
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L’idea per un film sulla prostituzione minorile arriva a Carlo Lizzani da una inchiesta di Marisa Rusconi sul settimanale l’Espresso. Su incarico del regista e partendo da quel materiale, lo sceneggiatore Mino Ciarda sviluppa un soggetto che racconta le vicende di sei prostitute minorenni, introdotte e legate da una cornice in cui una donnetta di mezza età vende la nipote tredicenne sulla tangenziale milanese. La struttura a episodi permette un affresco sociale ampio, in cui gran parte delle storie sono reali, come quella dell’ingenua Rosina, indotta in semi schiavitù da un uomo che prima la seduce, o quella di Antonietta, messa incinta dal padre e fatta prostituire in avanzato stato di gravidanza, o ancora quella di Laura, suicidatasi dopo che il racket le uccide il cane. Un’altra, la storia della altoborghese Daniela che esercita in un bordello di lusso per vendicarsi della famiglia, è inventata da Lizzani. Un affresco livido e credibile, che non arretra di fronte a crudezze e sensazionalismi. Un’opera controversa, e che si prestò a polemiche accese. Un documento comunque notevole sulla Milano spietata degli anni settanta.
Visti in prima visione, la rubrica curata dal nostro esperto cinefilo Marcello Gerardi, si occupa di Storie di vita e malavita di Carlo Lizzani





L’idea per un film sulla prostituzione minorile arriva a Carlo Lizzani da una inchiesta di Marisa Rusconi sul settimanale l’Espresso. Su incarico del regista e partendo da quel materiale, lo sceneggiatore Mino Ciarda sviluppa un soggetto che racconta le vicende di sei prostitute minorenni, introdotte e legate da una cornice in cui una donnetta di mezza età vende la nipote tredicenne sulla tangenziale milanese. La struttura a episodi permette un affresco sociale ampio, in cui gran parte delle storie sono reali, come quella dell’ingenua Rosina, indotta in semi schiavitù da un uomo che prima la seduce, o quella di Antonietta, messa incinta dal padre e fatta prostituire in avanzato stato di gravidanza, o ancora quella di Laura, suicidatasi dopo che il racket le uccide il cane. Un’altra, la storia della altoborghese Daniela che esercita in un bordello di lusso per vendicarsi della famiglia, è inventata da Lizzani. Un affresco livido e credibile, che non arretra di fronte a crudezze e sensazionalismi. Un’opera controversa, e che si prestò a polemiche accese. Un documento comunque notevole sulla Milano spietata degli anni settanta.
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LA BOTTEGA DEL FORNO con Fabrizio Forno
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