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“Glory Box” dei Portishead

“Glory Box” dei Portishead

I’m so tired of playing Playing with this bow and arrow Gonna give my heart away Leave it to the other girls to play For I’ve been a temptress too long Just… 

A volte, dai nomi delle cose si può risalire alla loro storia o comunque al loro significato più profondo.

Per esempio, analizzando le parole del titolo di questo articolo, possiamo già scoprire qualcosa dei Portishead e del loro singolo Glory Box: il nome del gruppo è in realtà un toponimo, in quanto Portishead è una cittadina del Somerset, vicino Bristol, con poco meno di ventimila abitanti, dove Geoff Barrow (il membro cardine del gruppo, in quanto percussionista/bassista/programmatore) non solo trascorse la sua giovinezza, ma vi fondò anche la band nel 1991.

La glory box, invece, è una sorta di scatola, o meglio uno scrigno prezioso, in cui le donne nei tempi passati usavano riporre il proprio corredo per la dote in vista del matrimonio. Poi scopriremo cosa c’entra questo scrigno con ciò che la canzone vuole comunicarci…

Addentrandoci nell’argomento di cui voglio parlarvi oggi, cioè della canzone Glory Box dei Portishead, gruppo britannico di trip hop, essa è l’undicesima traccia del loro album di debutto del 1995 Dummy (label Go! Discs, London Records).

Nel 1995, il brit pop stava iniziando a conoscere il suo declino e cominciava ad affermarsi sulla scena musicale un altro genere (in realtà nato qualche anno prima): il trip hop appunto, figlio di numerosi altri generi, come l’hip hop, il soul, la psichedelia, il jazz, il funk, il dub e l’elettronica.

Pensate  che i primi due album dei Portishead nacquero grazie ad una collaborazione a distanza: Geoff Barrow creava le basi, per poi inviarle via posta o in via telematica a Beth Gibbons, che incideva le sue parti vocali e rispediva il risultato a Barrow per la finalizzazione.

Quando uscì, Dummy riscosse un largo successo sia di pubblico che di critica: in effetti, è un album che ipnotizza e coinvolge, un album fuori dal tempo, a metà tra passato e futuro, una musica tanto retrò (nell’animo) quanto moderna (nell’approccio), che ti fa viaggiare attraverso sperimentazioni moderne e atmosfere romantiche dal sapore antico. “L’idea-cardine di Barrow e compagni è la rielaborazione di vecchi motivi di film noir e di spionaggio, mescolati a spunti jazzy-lounge e ritmi hip-hop rallentati, e immersi in atmosfere desolatamente romantiche. Per il resto, l’architrave sonora di “Dummy” è quella tipica di tanto trip-hop a venire: massiccio utilizzo di sample e scratch (i suoni ottenuti strofinando la puntina sul vinile dei vecchi 33 giri o dischi mix), giri di chitarra presi in prestito dagli spaghetti-western anni 60, ampie sezioni di archi, bassi cupi, sintetizzatori “moog” e un organo hammond ad aggiungere un ulteriore tocco “vintage”. (ondarock)

Il disco doveva essere la colonna sonora di un cortometraggio in stile spy movie dei Portishead del 1994, To Kill a Dead Man. Parti del film originale appaiono nel video di Sour Times. Un fotogramma del film è presente inoltre sulla cover di Dummy così come altri fotogrammi sono presenti nel booklet del CD.

To Kill a Dead Man - poster.jpg

Nel videoclip di Glory Box, viene messo in musica un film in bianco e nero, di quelli che tanto piacerebbero a mia madre, ma che da sempre hanno attratto anche me, in cui i personaggi sono ben educati nei modi e romantici, e in cui un ruolo fondamentale giocano i sentimenti, in primis l’amore, ed infatti il film rappresentato nel video sembra proprio parlare di una storia d’amore di quelle struggenti e che fanno sospirare. 

La base di Glory Box contiene campioni da Ike’s Rap II di Isaac Hayes contenuto nell’album Black Moses; lo stesso sample è stato utilizzato anche da Tricky nella sua Hell Is Round The Corner del 1994. 

Qui sotto, potete vedere una versione alternativa del videoclip ufficiale di Glory Box, diretta da Alexander Hemming, in cui ci sono più scene con la live performance di Beth, che all’epoca soprannominarono “la Billie Holiday venuta dallo spazio“.

https://www.youtube.com/watch?v=8uciibl0rcs

Quello che rende Glory Box indimenticabile è non solo la musica decadente, maliconica e sognante, ma anche e soprattutto la sensazione che ti comunica Beth mentre la canta: una rabbia mista a dolcezza, troppo forte per essere urlata e che quindi deve esser canalizzata e sussurrata per arrivare a destinazione.

Forse la glory box di cui parla la canzone non è altro che lo scrigno segreto in cui riponiamo i nostri sentimenti più profondi, come l’amore, un pò per proteggerli dal mondo esterno, un pò per tirarli fuori e regalarli quando arriverà il momento giusto…

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Pubblicato il: 21/05/2019 da Skatèna