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Björk

Björk

di Matteo Giacchè

La locandina di Rokk í Reykjavík (Rock in Reykjavik), documentario sulla scena rock della capitale islandese uscito nel 1982, ritrae una giovane cantante sul palco, con gli occhi chiusi in piena estasi musicale. La testa piegata di lato, Il volto che si gode la musica, le guance dipinte da un trucco rosso che contrasta con il vestito giallo che indossa.

La ragazzina ha circa diciassette anni, si chiama Björk Guðmundsdóttir, ed è la cantante dei Tappi Tíkarrass. La foto la raffigura nel suo habitat naturale, in un’espressione di consapevolezza figlia di una già lunga esperienza a dispetto della sua giovane età.

Tappi Tíkarrass – Dúkkulísur + Hrollur

DEBUTTO
La discografia della Björk che tutti conosciamo si apre nel ’93 con Debut che, anche dal titolo, lascia intendere l’inizio della produzione. Invece l’esordio della regina dei ghiacci risale al 1977, quando a soli undici anni pubblica un album che porta il suo nome di battesimo. Un album pop inciso con l’aiuto del patrigno, composto da cover di brani famosi cantati in islandese, e qualche inedito, che le è valso un contratto discografico da bambina.
Debut arriva sedici anni dopo, a seguito di esperienze con band di vario tipo, sperimentando diversi generi, persino il punk. È per questo che il “primo” album da solista suona già così maturo.
Il disco è un vero e proprio viaggio tra elettronica, trip hop, jazz, alternative, ma soprattutto tra pensieri, passioni, pulsioni e sensualità.
Oltre alla voce e al cantato così particolare, il lavoro stupisce per le sonorità sognanti. In apertura, l’asticella è già altissima: Human Behavior racconta l’uomo animale in tutte le sue contraddizioni, con sonorità tra il rock e l’elettronica, intermezzi distorti e un accompagnamento di percussioni quasi tribale.
La produzione di Nellee Hooper si palesa anche in Crying, con un sottofondo trip hop a sostenere il magistrale cantato, mai banale, di Björk, per arrivare alla terza traccia – Venus As a Boy – in cui fuoriesce il lato accattivante dell’artista. Lato che riprenderà in Big Time Sensuality e Come to Me, in bilico tra piaceri della carne e passione amorosa.
Un primo disco bellissimo, in cui il potere comunicativo e il magnetismo della musicista islandese sono straripanti e gettano le basi per una splendida carriera.

Björk – Human Behaviour

IL SECONDO SECONDO BJÖRK
Di recente il buon Caparezza ha smentito il dogma per cui “il secondo album è sempre più difficile, nella carriera di un artista”. E in effetti, se Debut è l’esordio perfetto, Post, che arriva due anni dopo, è il veicolo della consacrazione a suon di decibel. C’è molto più rock, molta più potenza: Army of Me da il via alle danze con un intro al vetriolo, che suona un po’ Massive Attack, e prepara il terreno per un testo rabbioso, come il ritmo che lo accompagna.
I toni si calmano nell’intro ambient di Hyperballad, una ballata elettronica sinistra, ma anche sognante. Degne di nota anche Isobel e I Miss You, in cui ritroviamo la dimensione tribale nelle percussioni che creano un fascinoso accompagnamento alle sonorità, a metà tra ambient e house, che pervadono tutto l’LP.
Altri due anni in tour a proporre la sua musica dal vivo, e la musicista pubblica Homogenic. Un altro capolavoro.
La forza della musica elettronica si mescola alla suggestività degli archi, e il risultato è un altro disco sognante. Questa volta però i brani sono pervasi da un sentimento di oscurità. Sono notturni, si collocano al buio, dove la cantante riflette sui suoi errori, sulle sue paure. Si lamenta, si sfoga, si arrabbia, si calma. Ci consegna se stessa. Ci regala arte.

Björk – Army of Me

POKER
Alla tripletta di dischi eccezionali completata con Homogenic nel 1997, si aggiunge Vespertine. Vede la luce nel 2001 ed è un ulteriore assaggio della grandezza di Ms. Guðmundsdóttir.
Un lavoro molto intimo, in cui la cantante si racconta, e processa la sua relazione con Matthew Barney. Scrive e canta testi espliciti, indagando anche la sfera sessuale in Cocoon e Pagan Poetry, ma l’apertura del disco è sempre mossa dall’amore declamato in Hidden Places. L’amore per Barney, che in un certo senso sembra permeare l’intero disco.
Da qui in poi la produzione discografica di Björk continua a regalarci bei lavori: Volta, Biophilia, Vulnicura, Utopia. Analizzare la carriera della cantante islandese disco per disco, vista la sua creatività e la varietà dei suoi brani, più che un articolo richiederebbe un intero volume. Ciò che si può sottolineare, comunque, è che parliamo di una compositrice ed esecutrice eccezionale. La dimensione live di questa artista poliedrica ne è la prova, e nei suoi concerti ha più volte mostrato le mille sfaccettature che rendono la sua comunicazione estremamente potente.
Luci, colori, scenografie, trucchi e costumi. Durante i suoi live ci sono momenti per cantare emozionati, momenti per ballare scatenati, altri per rimanere semplicemente in contemplazione.
In più di quarant’anni di carriera Björk ha dimostrato di essere una figura cangiante, in grado di crescere costantemente, parlando di se stessa attraverso la sua arte, rendendola un mezzo di comunicazione di grande impatto.
Ancora oggi la sua musica è estremamente attuale, a prescindere da quale disco si decida di ascoltare.
La regina dei ghiacci ha trovato una miriade di modi per parlarci e farci emozionare. Non ci resta che chiudere gli occhi, premere play e ascoltare ciò che ha da dirci.

Björk – Thunderbolt
(live)
Björk è la vincitrice del nostro #SondaggioRCA

Bjork 7 (2007) – Foto: Daniel Epstein

https://www.flickr.com/photos/danepstein/1349012195/in/photostream/
CC BY-NC 2.0
Pubblicato il: 14/06/2021 da Matteo Giacchè